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R. ALFONSO
Le due opere in questione - Obsolite
e Apāllage - sono la risposta, la
"calibratura" del disincanto.
E' in questa sequenza che appare con evidenza la
dimensione umana. Difatti, la sua singolaritā una volta
lasciata, senza esito di ritorno, l'armonia del felice
dispiegarsi della natura si rivolge verso questa per
ordinarla a sč.
Sembrerebbe quasi che la tensione umana ad un ordine,
quella calibratura necessaria all'uomo, si risolva - e
qui sta la particolaritā dell'opera - nel circoscrivere
la logica di questa "interferenza".
La materia, difatti, si pluralizza, č immessa a suo
discapito in una fase di nominazione in modo tale che il
risultato cioč, il mezzo tecnico-funzionale, evidenzia
l'inquinamento tra enti primari.
I due elaborati sembrano disposti in una posizione di
riposo rispetto alla loro funzione, un riposo momentaneo
che escludendo qualsiasi dimensione dinamica non toglie
ad essi la capacitā di trasmettere la violenza dell'atto
che li giustifica.
Se l'opera Obsolite dirige la sua azione di
offesa verso quella natura che felicemente dispiegava il
suo incanto, l'altra - Apāllage - cerca di
bilanciarne l'effettualitā. Difatti la sua posizione di
riposo non dinamica della sua funzione che č quella,
propriamente, di "accogliere" e
"difendere". In questa sequenza la cifra
significativa č il "mito", cioč la narrazione
che immette e circoscrive la tragica dimensione umana.
I materiali utilizzati, testimoniano un loro stare che si
fa discorso per un soggetto avido di narrazione.
(*) estratto dal catalogo della mostra di scultura presso
il Centro Internazionale d'Arte Sala 1
Roma, giugno 1990
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